LA CALCOGRAFIA
Le sezioni della Mostra
1738: il Fondo De Rossi
E’ il fondo più antico e ricco della Calcografia, quello che ha motivato la sua istituzione. Gli “scarti” operati in più occasioni e soprattutto quello di migliaia di rami richiesto dal Valadier il 21 giugno 1804 ne hanno considerevolmente alterato l’organicità e ridotto la consistenza, sicché oggi esso configura soltanto una parte della produzione della bottega De Rossi “alla Pace” e di ciò che vi era andato confluendo nel corso del Seicento ed agli inizi del Settecento da preesistenti stamperie cinque-seicentesche.
Ciò malgrado con le sue oltre cinquemila matrici offre ancora, un esauriente spaccato della cultura dell’immagine grafica a Roma tra la metà del XVI e l’inizio del XVIII secolo.
produzione, acquisizioni e recuperi dal 1738 al 2000
Dal 1738 quasi diciottomila nuove lastre sono entrate nella raccolta dell’Istituto.
Nuclei di grande interesse hanno così integrato del fondo De Rossi con ulteriori opere di Marcantonio Raimondi, Maestro della “B” nel dado, Agostino Veneziano, Cherubino Alberti, Francesco Villamena, Cornelis Bloemaert, Salvator Rosa, Pietro Sante Bartoli e altro ancora.
Sono inoltre arrivati fondi omogenei e corpi di artisti che hanno costantemente operato al di fuori della Calcografia, da Giovan Battista Nolli a Piranesi a Canova a Camuccini a Rossini; altri di incisori come Giuseppe Vasi, Giovanni Volpato, Luigi Calamatta, che hanno alternato ad un’attività prevalentemente autonoma brevi periodi di collaborazione con l’Istituto; altri, più o meno articolati, costituitisi presso famiglie nobili, enti, o scuole, o stamperie private che hanno cessato la loro attività, e così il fondo Barberini, un nucleo relativo al medagliere Albani, i fondi del Ministero del Tesoro, della Scuola di Parma, della Stamperia Romero. Si sono aggiunti, per lo più donati, nuclei di opere di artisti del secolo appena trascorso che in modi diversi sono stati partecipi dell’attività dell’Istituto o ad essa hanno fatto riferimento: calcografie, fra le altre, di Bartolucci Alfieri, Boglione, Bucci, Donna, Carrà, Morandi, Gentilini; xilografie di De Carolis e Pettinelli.
Il risultato è una raccolta di ampio respiro, incentrata sul panorama grafico italiano, con opere di notevolissimo livello espressivo, sulla quale la piccola selezione qui presentata consente di orientare lo sguardo soltanto come da un sottile spiraglio.
nuovi procedimenti per la moltiplicazione delle immagini
Galvanoplastica
Non è azzardato supporre che un iniziale impulso all’orientamento della Calcografia verso la galvanoplastica possa essere in qualche modo connesso al rapporto dell’Istituto con Luigi Calamatta, forse informato fin dagli anni di lavoro a Parigi di questo procedimento per ottenere repliche di una matrice calcografica utilizzando l’elettroformatura.
Fatto sta che i primi segni d’interesse risalgono a poco oltre la metà del XIX secolo: si risolsero però in un episodio che sembra non abbia avuto seguito almeno fino agli anni Novanta, quando ci si avvalse della fotoincisione galvanica da fotografie di Giovanni Gargiolli per l’edizione in facsimile delle Pandette laurenziane, affidata alla Calcografia su disposto ministeriale del 31 gennaio 1893 e presentata in saggio di prova già il 22 aprile di quello stesso anno.
Procedimenti fotomeccanici
In parte analogo il caso dei procedimenti fotomeccanici.
Sin dal 1878 s’era avviato all’interno della Calcografia il dibattito sull’opportunità di inserire fra i procedimenti in uso per la produzione di matrici questa innovativa metodica, che s’avvaleva ad un tempo della fotografia per il trasporto dell’immagine sulla lastra preparata e della morsura acida per l’incisione.
Dopo un accidentato iter normativo e il superamento di non pochi ostacoli, nel 1893 fu istituito un laboratorio di “incisione fotomeccanica” di cui venne affidata la direzione all’ingegnere Giovanni Gargiolli. Ma venne soppresso dopo appena due anni e quell’esperienza, malgrado taluni impegnativi lavori effettuati nel frattempo e il notevole interesse sollecitato, si risolse con il trasferimento di Gargiolli chiamato ad organizzare e dirigere il Gabinetto Fotografico Nazionale.
utilizzazione intensiva delle lastre
L’utilizzazione intensiva delle lastre rappresenta un fenomeno costante nella storia della grafica fin dal Cinquecento e non v’è dubbio che sia stato determinato dalla connessione di fattori diversi: l’alto costo del metallo, quello anch’esso elevato dell’incisione e, determinante per gli interventi più alteranti o distruttivi, un interesse per la matrice che fino a qualche anno addietro ha soltanto in qualche eccezionale momento e da parte di pochissime persone varcato la soglia dell’apprezzamento per la mera funzione di strumento di produzione di stampe.
Diversificata ed ampia, in conseguenza, la gamma delle modalità: dalle abituali modifiche di stato dell’inciso, per interventi sulle iscrizioni o per un ripristino dei segni funzionale ad ulteriori tirature, fino all’abrasione, reincisione o eliminazione di parti più o meno ampie delle figurazioni, per renderne possibile una destinazione non conforme a quella per la quale erano state concepite; dall’uso dei rovesci per schizzi, prove d’impasto, prove di caratteri, iscrizioni o ulteriori incisioni da parte degli stessi artisti che hanno lavorato sul recto della lastra fino, da ultimo, alla rottamazione delle matrici per ricavarne lastre di riporto o alla loro fusione quando troppo usurate o ritenute ormai prive di interesse commerciale.
nuove metodologie per l’analisi e la conservazione delle matrici
Nell’intento di aggiornare gli ormai obsoleti prodotti utilizzati per il restauro operativo delle matrici metalliche – l’idrossido di sodio per la rimozione degli inchiostri secchi e l’acido solforico per l’eliminazione d’ossidi e sali di corrosione – il Laboratorio Diagnostico per le Matrici, istituito nel 1994, ha messo in atto un nuovo protocollo d’intervento che ha previsto l’utilizzo di agenti chelanti: l’EDTA tetrasodico e l’EDTA bisodico.
Grazie alle sperimentazioni effettuate in collaborazione con i Laboratori della Syremont di Novara nel 1995 si è promossa la sostituzione della storica vernice bituminosa, adoperata per la protezione superficiale delle lastre calcografiche, con l’AKEOGARD CO: film plastico a base di copolimeri fluorurati, già prodotto per la conservazione dei materiali lapidei.
Nel 2000, dopo anni di ricerche, sfruttando materiali e tecnologie innovative, si è giunti infine a produrre la prima replica galvanica di una calcografia storica perfettamente rispondente all’originale, nelle dimensioni e nelle qualità tecnico-linguistiche, senza metterne a rischio l’integrità materica.
Per le matrici xilografiche è stata ideata, e parzialmente messa in atto, una specifica procedura d’indagine diagnostica: definizione di un modello di scheda conservativa e d’intervento, esami RX e direttive per il restauro operativo.
E’ recente l’installazione di una centralina d’ultima generazione per il monitoraggio termoigrometrico degli ambienti di mantenimento delle opere incise; indispensabile acquisizione per protrarre nel tempo i risultati ottenuti su ogni singolo manufatto con gli interventi conservativi.
due particolari mostrano l’evidente differenza tra una matrice protetta con il film bituminoso ed una trattata con l’AKEOGARD CO.
L’acquisizione di sofisticati software per l’analisi delle immagini, collegati allo stereomicroscopio, è stata l’indispensabile premessa per attuare il passaggio da metodi empirici a sistemi d’indagine più coerenti con le attuali metodologie diagnostiche.
Dopo diverse sperimentazioni si è giunti a mettere a punto un sistema per utilizzare l’indagine radiografica X anche sulle matrici incise.
degradi causati da inadeguata conservazione e vecchi interventi manutentivi
Lo stoccaggio delle matrici calcografiche in ambienti privi d’idonei parametri termoigrometrici ha provocato l’innesco di specifici degradi quali ossidazione, pitting da aerazione differenziale, enfatizzazione delle corrosioni stratificate, con conseguente sfogliatura superficiale del metallo, oltre che il deterioramento dell’acciaiatura, applicata in passato su molte opere per salvaguardarle dall’usura da stampa, fino a mortificare la leggibilità dell’inciso. Per questo, e per peculiari motivi conservativi, spesso si è ricorso alla rimozione del film metallico.
In passato sono state utilizzate miscele pulenti commerciali per eliminare le patine d’ossido dalla superficie delle lastre incise: tale intervento si è trasformato nel tempo in un vero e proprio degrado. Solo con l’utilizzo di nuovi prodotti è stato possibile bonificare le matrici che presentavano questo tipo di problemi.
Questa porzione di matrice mostra in modo evidente un’ossidazione estesa della superficie del rame. Le variazioni cromatiche corrispondono alle diverse fasi e tipologie del degrado.
La presenza nel rame di supporto di minuscole inclusioni (particelle d’argento, bismuto, nichelio ecc.) ha provocato fenomeni corrosivi puntiformi da aerazione differenziale. L’immagine ripresa allo stereomicroscopio, coadiuvato da un software per l’analisi d’immagini, ne mostra l’inconfondibile morfologia.
L’incrudimento per martellatura, procedimento con il quale erano realizzate le lastre di rame da incidere, ha causato il fenomeno corrosivo di tipo stratificato, di frequente ravvisabile sul verso delle matrici sotto forma di sottili lamine metalliche non più aderenti al sostrato. In diversi casi il loro distacco dalla superficie ha determinato aree in sottolivello; quest’ultimo è causato, in particolare, dalle sollecitazioni meccaniche cui è sottoposta la lastra durante la stampa al torchio.
L’immagine rende evidenti i danni provocati dal pregresso uso di miscele pulenti commerciali per bonificare la superficie delle matrici. I due particolari sottolineano come con l’utilizzo combinato dell’EDTA bisodico e di quello tetrasodico si sia finalmente riusciti a riportare le matrici allo stato originario.
Il rinforzo superficiale delle matrici incise, tramite l’applicazione di un sottilissimo strato d’acciaio con il procedimento elettrolitico, fu considerato, e quindi utilizzato, come intervento conservativo. Le condizioni termoigrometriche non idonee hanno però, in numerosi casi, deteriorato il film metallico al punto da renderne necessaria la rimozione. L’immagine evidenzia gli effetti di tale degrado su una delle sei tavole che compongono la Veduta del prospetto principale della Colonna Traiana di Piranesi
La sequenza d’immagini illustra le diverse fasi del procedimento di rimozione dell’acciaiatura. La matrice è immersa in acqua e successivamente avviene l’aggiunta d’acido nitrico, opportunamente diluito, che aggredisce immediatamente il film d’acciaio; si agevola poi l’azione del mordente tramite una spazzola morbida fino al termine dell’intervento. Tuttora si preferisce questo tipo d’intervento, ereditato dalla tradizione, al procedimento elettrolitico, perché più controllabile e quindi meno rischioso per l’incolumità della matrice storica.
I due particolari della matrice trattata dimostrano chiaramente come in realtà il rame non abbia subito danni relativi al fenomeno corrosivo pertinente l’acciaiatura: infatti, il differente potenziale elettrochimico dei due metalli fa sì che lo scambio ionico sia favorevole al rame. La rimozione dell’acciaiatura è però necessaria per evitare che, allorquando l’acciaio si è completamente trasformato in prodotti di corrosione, possa verificarsi un’inversione di polarità con conseguente rischio per la matrice storica.
degradi causati dalle operazioni di stampa
La stampa delle matrici è indubbiamente la maggiore causa del loro degrado, per quanto attiene sia al segno inciso sia all’integrità materica del supporto. L’abrasione superficiale, inevitabile conseguenza dell’inchiostrazione e della successiva ripulitura dall’eccesso d’inchiostro tramite garze e palmo della mano, provoca nel tempo il mutamento del progetto grafico originario. Il passaggio delle lastre, sottoposte al foglio di carta, tra i cilindri a pressione del torchio enfatizza poi ulteriormente l’usura dell’inciso.
Il reiterarsi delle tirature provoca, inoltre, seri danni alla struttura metallica riducendo, a volte, le matrici a veri e propri lacerti. In passato si è spesso ricorso a consolidamenti per saldatura e rattoppo al fine di protrarre la stampabilità delle matrici.
I due particolari della matrice mettono in luce l’evidente usura degli incavi realizzati all’acquaforte, ravvisabile nello smusso dei bordi degli segni e nel leggero sottolivello delle zone incise, mentre da quelli delle stampe, relative ad una tiratura del XVII secolo e ad una del XX, si evince chiaramente come tale degrado abbia modificato l’originaria qualità del progetto grafico.
la diagnostica per l’indagine tecnico-linguistica ed il controllo del microclima
L’innovativo criterio diagnostico ha affrontato anche le problematiche tecnico-linguistiche precipue delle matrici incise. Lo studio del segno teso ad individuare e ricostruire i procedimenti esecutivi si è indirizzato anche sull’identificazione degli stilemi dei diversi autori tentando, ove possibile, attribuzioni di paternità, ambito e scuole. In taluni casi l’ausilio della radiografia X ha permesso di verificare, o determinare, rielaborazioni di matrici non ravvisabili otticamente.
Di recente è stato attivato un controllo costante e preciso sul microclima della Calcoteca, Xiloteca e Fototeca per la salvaguardia delle opere conservate attraverso una centralina di monitoraggio d’ultima generazione.
Il Laboratorio Diagnostico ha inoltre avviato lo studio sistematico delle matrici xilografiche, per affrontarne le problematiche relative alle tecniche esecutive e agli aspetti conservativi.
la clonazione di un manufatto artistico
I particolari delle due matrici e delle rispettive stampe mettono in evidenza la perfetta rispondenza tra la calcografia originale, la sua replica galvanica e i corrispondenti fogli impressi. È il risultato cui si è giunti dopo cinque anni di prove e sperimentazioni effettuate per realizzare, nel rispetto degli odierni principi conservativi, la replica galvanica delle matrici incise. I vecchi sistemi di elettroformatura non erano, infatti, ripercorribili, perché soprattutto nella prima fase del procedimento (la realizzazione del calco maschio) compromettevano l’integrità materica degli originali: è questo il motivo principale – oltre a quello legato ai problemi relativi alla modesta durezza del rame elettrolitico che si deformava rapidamente durante la tiratura – per cui la produzione del primo Novecento aveva avuto termine. Nel 1995, preso atto dei progressi ottenuti nei procedimenti galvanici, il Laboratorio Diagnostico ha sperimentato con successo, di concerto con l’Istituto Centrale per il Restauro, alcuni tipi di gomme siliconiche colabili per la realizzazione del calco della matrice originale, eliminando così qualsiasi rischio per la lastra originale. Ma tale innovativa idea non ha permesso l’immediata messa in opera dell’intero processo galvanoplastico a causa delle difficoltà riscontrate nell’imprescindibile metallizzazione del calco siliconico. Dopo l’iniziale collaborazione con l’E.N.E.A., che effettuò tentativi di metallizzazione mediante sublimazione metallica sottovuoto con risultati non soddisfacenti, si è pensato di realizzare un controcalco in resina epossidica. Successivamente, in cooperazione con l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, si è potuto giungere alla realizzazione della prima replica galvanica ottenuta con il nuovo procedimento. Infine nel 2000 è stato prodotto il primo clone di una calcografia storica con risultati più che convincenti. Da sottolineare, infine, la scelta di realizzare le repliche galvaniche in nichel per le caratteristiche di durezza, e quindi di resistenza nel tempo, di tale metallo.
Particolari della matrice originale. Particolari della replica galvanica.
Particolari della stampa dall’originale. Particolari della stampa dalla replica galvanica.