29 maggio – 30 giugno 2013
L’arte e la stessa presenza di Janet Abramowicz nelle sale dell’Istituto Nazionale per la Grafica costituiscono un paradigma della nostra “biografia istituzionale”. La mostra vuole essere un omaggio alla sua attività grafica, che si è svolta per buona parte in Italia e particolarmente a Roma. Le collaborazioni di Abramowicz con l’Istituto Nazionale per la Grafica sono state di diverso genere e sempre proficue, ma importante per lo sviluppo della sua tecnica spesso sperimentale, è stato senz’altro il lavoro svolto con il maestro stampatore Antonio Sannino.
Nel 1950 è in Italia e si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove studia incisione con Giorgio Morandi e dove rimarrà, una volta diplomata, come sua assistente.
Molti anni dopo, grazie a un Fulbright, trascorre alcuni anni in Giappone, a Kyoto e Tokyo, dove studia papermaking e conservazione.
Tornata in Italia, negli anni Ottanta, frequentando assiduamente la stamperia dell’Istituto, inizia una feconda collaborazione con Antonio Sannino. Già a partire dagli anni Sessanta, con Maurizio Calvesi, la Calcografia si era aperta ad una riflessione sul mutamento delle sue funzioni storiche, diventando luogo di confronto per gli artisti contemporanei che volevano approfondire le tecniche d’incisione. L’esperienza di Janet Abramowicz, appena successiva, si colloca a pieno titolo in quell’intento culturale.
Negli anni Novanta, Michele Cordaro, allora direttore dell’Istituto Nazionale per la Grafica, la chiama a partecipare all’iniziativa da lui curata, che determinò la redazione del catalogo dell’opera incisa di Giorgio Morandi, Morandi. L’opera grafica. Rispondenze e Variazioni, Milano 1990. In tale occasione decise di donare alla Calcoteca dell’Istituto le due matrici della serie Grottos e una delle 26 piccole incisioni della serie Little Greek Etchings.
La mostra ripercorre l’intero excursus dell’esperienza incisoria dell’artista, con particolare attenzione al periodo di sperimentazione svolto alla Calcografia Nazionale. Le opere esposte sono tutte prove uniche, con interventi a pastello e mixed media, in quanto l’attenzione dell’artista è focalizzata sugli esiti ottenuti con la variazione dei supporti e dei mezzi grafici.
Sede della mostra Roma, Sale Piccole di Palazzo Poli, via Poli, 54
Inaugurazione 29 maggio 2013 ore 17,30
Date dal 30 maggio al 30 giugno 2013
Apertura al pubblico martedì – domenica, ore 10.00 -19.00 – chiusura settimanale: lunedì apertura straordinaria 1 maggio 2013 orario 9.00 – 19.00
Ingresso libero
Responsabile Ufficio Stampa e Comunicazione Angelina Travaglini con la collaborazione di Matteo Maria Borsoi e Roberta Ricci tel. 06 69980238
Nota biografica
Janet Abramowicz
Nata e cresciuta a New York, nell’isola di Manhattan, dove attualmente vive e lavora, Janet Abramowicz dimostra precocemente le sue attitudini artistiche, quando appena dodicenne frequenta i corsi di disegno organizzati il sabato dalla New York’s Art Students League.
La sua formazione artistica è stata tradizionale e accademica; ha studiato per lunghi anni anatomia e figura, disegnando dal modello.
Nel 1950 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove studia incisione con Giorgio Morandi e dove rimarrà, una volta diplomata, come assistente del suo professore.
A Bologna continua lo studio anatomico, assistendo assiduamente alle dissezioni che si tenevano presso l’ospedale universitario. Più tardi sosterrà che questa disciplina le ha insegnato l’attitudine a ricercare la struttura interna che esiste ovunque e in ogni cosa.
Molti anni dopo, grazie a un Fulbright, trascorre alcuni anni in Giappone, a Kyoto e Tokyo, dove studia papermaking e conservazione, pur continuando la sua ricerca artistica che culminerà con una grande mostra dei suoi dipinti.
Tornata in Italia, negli anni ottanta, conosce attraverso amici di Bologna, il Maestro stampatore Antonio Sannino, con cui inizia una feconda collaborazione.
Negli anni novanta, partecipa alla redazione del catalogo dell’opera incisa di Giorgio Morandi, a cura dell’Istituto Nazionale per la Grafica. In questa occasione riceve un invito a lavorare per un periodo nella stamperia dell’Istituto, dove Abramowicz ritova la sua collaborazione con Sannino, affrontando una fase d’intensa quanto proficua sperimentazione.
Già a partire dagli anni sessanta, con Maurizio Calvesi, la Calcografia si era aperta ad una riflessione sul mutamento delle sue funzioni storiche, diventando luogo di confronto per gli artisti contemporanei che volevano approfondire le tecniche d’incisione. L’esperienza di Janet Abramowicz, appena successiva, si colloca a pieno titolo in quell’intento culturale. Nell’ “ambiente aperto”di questa antica istituzione, dove le attrezzature e i torchi erano a disposizione degli artisti interessati alla sperimentazione, ma soprattutto grazie alla mediazione competente del Maestro stampatore, l’artista esperisce nuove tecniche, cimentandosi con gli esiti contrastanti di differenti resine per l’acquatinta, variando gli inchiostri e il metodo di stampa, esplorando le potenzialità di supporti diversi, come la carta giapponese. Su queste stampe la Abramowicz interviene direttamente con i pastelli, con il crayon, e infine con il cutter, sollevando striscioline di chine collé dal fondo della stampa, fino ad ottenere manufatti tridimensionali.
Le sue opere sono presenti nelle collezioni di vari musei, in Italia, in Giappone e negli Stati Uniti. Ha tenuto mostre personali e collettive, sia nella sua patria che all’estero.
Ha pubblicato articoli sull’arte contemporanea e scritti sull’opera di Giorgio Morandi; in particolare il volume “The Art of Silence”, pubblicato dalla Yale University Press, è stato tradotto anche in Giappone.
Ha ricevuto borse di studio dalla Fulbright Commission, dalla Japan Foundation e dalla Guggenheim Foundation, dal Rockefeller Bellagio Center e dalla Elisabeth Foundation for the Arts. È stata eletta membro ad honorem dell’Accademia Clementina di Bologna, ed ha tenuto numerose conferenze, presso istituzioni museali e universitarie.
Ha vissuto molti anni a Bologna, Tokyo, e a Cambridge, Massachussets, dove ha insegnato nel fine arts department dell’università di Harvard per vent’anni.