Il Laboratorio di restauro opere d’arte su carta Storia e metodologia

Sostanzialmente, ci troviamo di fronte ad almeno quattro diverse tipologie di collezioni che sono da riferirsi ad altrettante vicende storiche, e a politiche culturali successivamente intraprese, sempre nella costante affermazione della natura unitaria dell’Istituto: la Calcografia Camerale, poi Nazionale; il Gabinetto delle Stampe fondato da Adolfo Venturi (1856-1941); le più recenti Collezioni fotografiche, in stretta connessione con i materiali grafici, e infine le Opere multimediali che accolgono il concetto di multiplo per arrivare all’installazione e all’immagine in movimento. Si tratta di un patrimonio più eterogeneo di quanto si sia portati a pensare, formato da manufatti che se in alcuni casi sono accomunati dal medesimo materiale costitutivo, la carta, oppure dalla medesima finalità, la riproduzione e diffusione dell’immagine, sono in realtà profondamente distinti e caratterizzati dal loro periodo di produzione e dalla loro destinazione d’impiego. Lo sforzo costante che siamo chiamati a praticare nell’ambito della conservazione è quello di mettere in relazione il bene sul quale dobbiamo intervenire con le peculiari cognizioni e informazioni, nonché tradizioni ed esperienze che ci provengono dai particolari ambiti delle collezioni.

Se è da riferirsi ad Adolfo Venturi una prima attività di restauro delle opere d’arte su carta già dal 1895, anno della fondazione del Gabinetto Nazionale delle Stampe, e a Paul Kristeller (1863-1931), coinvolto dallo studioso, l’avvio di un nuovo ordinamento delle collezioni di grafica secondo i moderni criteri scientifici, l’approfondimento della conoscenza delle metodologie di conservazione su questa classe di manufatti si deve però in Italia a Lidia Bianchi; divenuta direttore del Gabinetto nel 1954, pose immediatamente in evidenza la necessità di un polo di ricerca e di restauro focalizzato sull’opera d’arte grafica, intesa come entità creativa autonoma, diversa per caratteristiche tecniche e morfologiche dal materiale librario. La Bianchi promosse e avviò una serie di progetti volti ad applicare sistematicamente la ricerca scientifica al restauro dell’opera d’arte su carta. In questo senso, ed in linea con quello che era stato il dibattito culturale del decennio immediatamente precedente alla sua direzione, aprì collaborazioni con l’Istituto Centrale per il Restauro, l’Istituto per la Patologia del Libro ed il C. N. R.; allo stesso tempo istituì un Laboratorio di microbiologia per coadiuvare il Laboratorio di restauro nel monitoraggio delle opere affidate, e per la verifica costante dei materiali impiegati nella conservazione. Tutto ciò portò a cambiamenti radicali nel riordino delle collezioni, e lo studio e l’approfondimento degli effetti causati dal distacco dei disegni e delle stampe dai volumi storici è ancor oggi un punto di riferimento per la storia della conservazione dell’opera grafica. Nel 1969 vide la luce il primo numero dei «Quaderni del Gabinetto Nazionale delle Stampe» avente per argomento ricerche microbiologiche per la conservazione della carta. La rivista, che vantava curatori e collaboratori tra i massimi esponenti della nascente scienza della conservazione, evidenziava una politica culturale profondamente lungimirante, in quanto la comunicazione e condivisione dei risultati della ricerca furono il primo importante passo verso un cambiamento della percezione dell’attività di restauro, traghettato in quegli anni dall’ambito delle conoscenze e abilità «artigianali», accuratamente serbate e praticate in modo empirico, a quello propriamente scientifico.

Oggi la linea conservativa intrapresa sui fondi dell’Istituto si avvale del notevole bagaglio di esperienze che provengono dalle strategie conservative e museali intraprese nell’ex Gabinetto Nazionale delle Stampe, con una particolare attenzione alla storia del collezionismo di grafica e quindi al mantenimento di tutte quelle informazioni che possono derivare da precedenti sistemazioni. L’attuale Laboratorio di restauro opere d’arte su carta dell’Istituto è il naturale depositario di tali esperienze. Il mutare dei tempi e la crescente richiesta di attività volte alla valorizzazione, ha visto il settore impegnato anche su opere contemporanee di più recente acquisizione che per tipologia e complessità hanno richiesto innovative strategie conservative. All’interno del Laboratorio la ricerca prende necessariamente avvio dalle esigenze conservative ed espositive dettate dalle diverse tipologie di manufatti conservati nell’Istituto. Infine, è proprio la quotidiana frequentazione delle collezioni e l’esperienza accumulata attraverso gli innumerevoli problemi posti dalle diverse tipologie di opere a far sì che tale competenza possa essere stata, soprattutto negli ultimi tre decenni, esportata sul territorio nazionale, essendo sempre più spesso l’Istituto chiamato a curare e coordinare importanti progetti di restauro per quegli Enti statali e comunali che ne hanno fatto richiesta.

Un archivio cartaceo delle filigrane, in fase di riorganizzazione e digitalizzazione, è collegato al Laboratorio di restauro opere d’arte su carta. La raccolta, che attualmente conta circa 3.500 filigrane riprese su opere delle collezioni, è stata avviata a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, durante la direzione di Maria Catelli Isola, quando fu deciso di rilevare sistematicamente le filigrane presenti nelle opere prescelte per le mostre interne e di organizzarle con riferimenti ai repertori specifici. Tali rilievi sono stati tutti pubblicati nella sezione apparati dei cataloghi dell’Istituto. Esistono, in versione digitale, rilevati con fotografie in luce trasmessa, i rilievi più recenti di tutti gli studi monografici relativi agli enti che hanno richiesto una collaborazione: Biblioteca Apostolica Vaticana, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, Istituto Svedese di studi classici. Tali strumenti sono andati ad arricchire e a completare l’archivio esistente, favorendo confronti e comparazioni.

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