Istituto

L’Istituto Nazionale per la Grafica nasce nel 1975 dall’unione della Calcografia Nazionale, di eredità pontificia, e del Gabinetto Nazionale delle Stampe, le cui antiche tradizioni contribuiscono a determinare il profilo specialistico dell’Istituto. Nel 2008, tale unificazione scientifica si è tradotta nella riunione in un’unica sede: gli edifici contigui di Palazzo Poli e della Calcografia sono entrati in comunicazione logistica e, contemporaneamente, le distinte collezioni si sono unificate.

Dal 10 dicembre 2014 l’Istituto assume la denominazione di Istituto centrale per la grafica (DPCM 29 agosto 2014, n.171, art.30). È dotato di autonomia speciale dal 15 settembre 2015.

Le collezioni di matrici, stampe, disegni, video d’artista e fotografie sono affiancate da laboratori specializzati nel restauro e da una stamperia di secolare esperienza.

Nei 48 anni di attività l’Istituto ha svolto un costante lavoro di promozione della ricerca sulle proprie collezioni, anche attraverso l’attività espositiva e la collaborazione con istituti analoghi in ambito internazionale, definendo la centralità del suo ruolo in Italia per quanto riguarda lo studio, la conservazione e la fruizione delle opere grafiche.

 

Giuseppe Valadier (Roma 1762 – 1839) progettò e diresse i lavori dell’edificio. I tempi di costruzione (agosto 1835 –  giugno 1837), furono rapidi e le relazioni tecniche molto dettagliate, permettendoci così di conoscere l’aspetto originale del palazzo, di gusto neoclassico nelle proporzioni e nei colori, impreziositi da rifiniture dorate. La facciata era sormontata al centro dallo Stemma di Gregorio XVI Cappellari (1831-1846), sotto il cui pontificato l’edificio era stato commissionato e inaugurato: affiancato da cornucopie in stucco colme di frutti, oggi non più esistenti, l’emblema marmoreo fu collocato all’interno nel 1888 e poi, nel 1975, spostato nel cortile della Stamperia, dove ancora si trova.

La sobria facciata è l’elemento che più di ogni altro ha mantenuto i caratteri del progetto originale. Contradd da una decorazione e bugnato liscio e a cortina, presenta un unico elemento aggettante: il balcone sorretto da quattro mensoloni, ai cui lati sono ancora evidenti i basamenti delle due statue che avrebbero dovuto ornare il Palazzo: l’Incisione e il Disegno. Fu eseguita solo la prima, oggi esposta nella Sala delle Adunanze. Il terzo piano fu edificato solo dopo la morte dell’architetto (1849 – 1850), sotto la direzione di Paolo Mercuri (Roma 1804 – Bucarest 1884) alla guida della Calcografia dal 1847: si volle dare all’incisore, chiamato da Parigi, la possibilità di risiedere e operare in sede per “istruire e dirigere” gli artisti che dovevano operare sotto la sua guida.

Le sei grandi finestre al piano terreno, concepite per l’esposizione delle stampe in vendita, presentavano degli originali sportelloni di chiusura inventati da Valadier che venivano calati a scomparsa nelle cantine. La destinazione funzionale degli ambienti rispecchiava i criteri di impostazione dell’architetto, che fu anche direttore della Calcografia, con la preminenza assoluta delle esigenze di commercializzazione.

Alle ampie aperture su strada corrispondevano, internamente, il locale dei torchi per la produzione delle stampe (attuale punto accoglienza) e la grande sala dove avveniva la vendita delle incisioni. Dietro quest’ultima, si trovava l’originario magazzino dei rami: questa ala, composta da tre ambienti, è oggi adibita alle attività espositive dell’Istituto.

In fondo al corridoio di ingresso, Valadier progettò un’esedra: lo spazio era aperto e luminoso per la minore altezza dell’edificio e delle costruzioni circostanti. Sulla parete di fondo collocò una fontana – oggi scomparsa – concepita come una finta scogliera a forma di ventaglio. L’acqua era raccolta all’interno di un sarcofago con la rara rappresentazione del mito di Medea, sostituito nel 1926 con un altra vasca, attualmente nel cortile di Palazzo Poli. Sopra al sarcofago, nel 1888, fu collocato lo Stemma di Gregorio XVI proveniente dalla facciata. Nell’esedra sono oggi esposti alcuni macchinari ottocenteschi: una sega circolare per tagliare le lastre di rame, una macchina impastatrice per l’inchiostro e tre presse: da legatoria, per la doratura delle copertine in pelle e per la spianatura delle stampe.

Anche lo scalone risultava ben più luminoso ed elegante per la presenza di un’apertura sull’esedra e di una decorazione a stucco sul soffitto, persi nel corso di successive modifiche architettoniche, ad eccezione di un Sole con raggiera, dorato; nelle nicchie dei mezzanini sono oggi esposti alcuni busti in gesso, tra cui  quelli di papa Gregorio XVI, del cardinale Antonio Tosti e del direttore Tommaso Aloysio Juvara, tre figure profondamente legate alla storia del palazzo

Al primo piano era “la galleria” di esposizione delle opere più belle – disegni e stampe – dove si svolgevano anche le riunioni della Commissione artistica (da qui la denominazione di ‘Sala delle Adunanze‘). In questo ambiente, ancora oggi cuore delle attività dell’Istituto, sono esposte la statua dell’Incisione di Luigi Amici (Jesi 1817 – Roma 1897), due grandi cartoni preparatori di Francesco Mancini con l’Apoteosi di Psiche, per la volta della Coffee House di Palazzo Colonna a Roma e, tra le più recenti acquisizioni, la NaturaExtraMortantropomOrfana = Peltrossequio, scultura in ceramica policroma di Luigi Ontani, che ripropone una natura morta di Giorgio Morandi.

L’edificio, su cui poggia la Fontana di Trevi, è il risultato di diverse fasi costruttive.

Il nucleo più antico fu commissionato da Lelio dell’Anguillara, duca di Ceri, che nel 1566 aveva acquistato il preesistente palazzo Del Monte ubicato in quell’area. L’incarico di costruire il nuovo edificio, inglobando anche proprietà vicine, fu dato all’architetto Martino Longhi il Vecchio (1573) e, alla sua morte, a Ottaviano Mascherino. Dopo gli ingrandimenti effettuati dalla famiglia Borromeo, eredi della proprietà Ceri, la residenza fu acquistata nel 1678 da Lucrezia Colonna, poi sposa di Giuseppe Lotario Conti, duca di Poli nel Lazio, da cui deriva il nome del palazzo. A lui, fratello del papa Innocenzo XIII, si devono infatti altri importanti ampliamenti e l’acquisto degli edifici adiacenti con fronte sulla piazza di Trevi: il palazzetto dei Carpegna (già Schiavo) e la casa dell’Arte della Lana (già Vitelleschi). La ristrutturazione delle nuove parti inglobate estesero il complesso ai definitivi confini fra il 1728 e il 1730, poco prima dell’inizio dei lavori per la nuova fontana di Nicola Salvi, nel 1732. L’aspetto della piazza prima di tali lavori è documentata da una stampa dell’incisore Lievin Cruyl del 1667. Nel 1808 l’edificio passò in eredità ai Cesarini e da questi, nel 1812, ai Boncompagni.

Le mura dello storico Palazzo ospitarono nel corso dell’800 diversi inquilini illustri, fra i quali si ricordano artisti e letterati: i pittori Francesco Manno e Joseph Severn, i poeti Peter Cornelius e Giuseppe Gioachino Belli, che vi compose più di duemila dei suoi 2.279 sonetti romaneschi. Dal 1834 vi abitò la principessa Zenaide Wolkonsky, animatrice di un esclusivo salotto, frequentato tra gli altri dallo stesso Belli e Nikolaj Vasil´evič Gogol’. L’edificio fu sede di logge massoniche, del consolato inglese e, dal 1857 al 1885, del Collegio Poli, nota scuola francese (frequentata anche da Trilussa) poi trasferitasi in via di San Sebastianello (attuale Collegio San Giuseppe – Istituto De Merode).

Nel 1884, i costruttori Belloni-Basevi-Vitali acquistarono l’immobile, lottizzando e demolendo il nucleo originario cinquecentesco, già in parte abbattuto in seguito all’apertura di via del Tritone nel 1883. Nel 1888 il Comune di Roma espropriò la porzione che si era salvata dalle demolizioni per salvaguardare la Fontana: l’edificio fu quindi destinato a ospitare uffici pubblici fino al 1939, quando fu ceduto a privati come pagamento per la costruzione, per conto del Governatorato, di nuovi uffici sulla via del Mare.

La nascita nel 1975 dell’Istituto Nazionale per la Grafica, con l’urgenza di raccogliere in un’unica sede le collezioni del Gabinetto Nazionale delle Stampe e quelle della Calcografia Nazionale, e le problematiche riguardanti la valorizzazione e la qualificazione culturale del centro storico, portarono alla mobilitazione degli intelletuali che individuarono in Palazzo Poli il naturale ampliamento della Calcografia. Per richiamare l’attenzione del Ministero dei Beni Culturali su questa necessità, l’allora direttore dell’Istituto Carlo Bertelli (1975-1977) promosse la ‘Battaglia per Palazzo Poli’, un assalto simbolico al portone dell’edificio che ebbe luogo il 5 giugno del 1977: le bande dei Vigili Urbani e della Scuola Popolare di Testaccio furono coinvolte nell’esecuzione di marce mentre un gruppo di bambini delle scuole elementari del centro animava alcune sagome di zuavi e carabinieri, ottenute dalle serigrafie dell’artista Paolo Tessari (Venezia 1945). Fu così che l’anno successivo ciò che rimaneva dell’antico palazzo, proprietà dell’impresa edile Tudini e Talenti, fu acquistato dall’Istituto bancario San Paolo di Torino e, infine, dal Ministero esercitando il diritto di prelazione: ma fu solo grazie al coinvolgimento di tutte le forze politiche che avevano manifestato partecipazione e interesse – tra cui il sindaco Giulio Carlo Argan e il Presidente della Repubblica Sandro Pertini – che furono trovati i fondi necessari per il suo acquisto.

Il 2008, con il trasferimento delle collezioni del Gabinetto Nazionale delle Stampe, segna la definitiva rinascita del palazzo della Fontana di Trevi, quale importante centro culturale.

Sala Dante

La Sala è il luogo più significativo del palazzo, non solo per le eccezionali dimensioni – occupa ben due piani in altezza – ma soprattutto per l’esclusivo affaccio sulla Fontana di Trevi. È situata nell’angolo compreso tra la piazza di Trevi e via della Stamperia.

Costruita negli anni ‘20 del XVIII secolo da Stefano Conti, duca di Poli e nipote del papa Innocenzo XIII (1721-1724), per ospitare la biblioteca di famiglia, fu poi utilizzata anche come salone per le feste. Nel primo decennio dell’Ottocento vi aveva allestito il suo studio il pittore Francesco Manno (Palermo 1752 – Roma 1832).

La denominazione storica della sala ricorda l’iniziativa dell’editore fabrianese Romualdo Gentilucci (1805-1869), che fra il 1865 e il 1866 affittò e ristrutturò questo ambiente per ospitare le 27 grandi tele costituenti la ‘Galleria Dantesca’, tele da lui commissionate a famosi pittori del tempo e tratte dai disegni di Filippo Bigioli (Macerata 1798 – Roma 1878). I dipinti, di enormi dimensioni (m. 4 x 6), venivano mostrati alternativamente al pubblico con speciali meccanismi e giochi di luci. Per l’inaugurazione della sala, il 26 febbraio 1866, fu eseguita la Sinfonia Dantesca di Franz Liszt per grande orchestra e cori (Dante-Symphonie. Eine Symphonie zu Dante’s Divina Commedia, 1855-1856), alla presenza dello stesso autore.

L’iniziativa culturale della ‘Galleria Dantesca’, tanto apprezzata dai contemporanei, tramontò dopo pochi anni. Subito dopo l’Unità d’Italia la sala era già affittata al violinista Tullio Ramacciotti (Roma 1818 – 1910), il quale a sua volta la subaffittava a società bancarie e commerciali per tenervi assemblee, a circoli per feste da ballo, ad altri musicisti e molto spesso alla Società Orchestrale Romana. Fino alla fine dell’Ottocento, quindi, la Sala Dante fu uno dei più rinomati luoghi romani per la cultura musicale, frequentato da Gabriele D’Annunzio, Jules Massenet, Pietro Mascagni, Giacomo Puccini, Giuseppe Martucci.

Dai primi anni del Novecento, il grande ambiente fu utilizzato per gli uffici anagrafici del Comune: la costruzione di un ballatoio per gli schedari lungo tutto il perimetro, oggi rimosso, comportò purtroppo la distruzione del cornicione e del piccolo palco preesistente.

Dal 2013 ospita Streams, l’istallazione permanente dell’artista italo-americano Roberto Mannino, opera site-specif commissionata con l’intento di migliorare l’acustica della sala e di connotarla con un segno artistico che rappresenti la specificità del campo d’azione dell’Istituto.

Attualmente la Sala Dante ospita importanti manifestazioni culturali ed è disponibile su richiesta per presentazioni di libri, conferenze ed eventi vari.

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