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Apre al pubblico il 1 aprile 2008, nelle sale espositive di palazzo Poli a Fontana di Trevi una mostra di disegni, per la maggior parte cinquecenteschi, raccolti da padre Sebastiano Resta, figura chiave del collezionismo e del mercato del disegno tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700, raccolti nel volume denominato Libro d’Arabeschi, conservato nella Biblioteca Comunale di Palermo. Padre Sebastiano Resta (Milano 1653 – Roma 1714) si trasferì dalla sua città natale a Roma nel 1661. Nel 1665 fu ammesso a far parte dei Padri Oratoriani e cominciò la sua intensa attività di raccolta in campo artistico. Trattenne contatti e relazioni sociali con i più importanti conoscitori e collezionisti di grafica, divenendo punto di riferimento fondamentale in questo particolare ambito. Le sue attribuzioni, ritenute semplicistiche e facili (si ricordano ad esempio quelle riferite ai disegni di Correggio), lo accreditarono di una cattiva fama critica e alimentarono giudizi negativi protrattisi fino al XX secolo. Solo recentemente, grazie alla ricostruzione delle fonti e ad una maggiore attenzione al collezionismo del disegno da parte di studiosi come il Mariani, la De Vito, il Popham e il Grassi, la figura di Padre Resta è stata giustamente collocata nella storia del collezionismo del disegno. Del Libro d’Arabeschi, ritrovato dieci anni orsono nei ricchissimi fondi della Biblioteca Comunale di Palermo, era nota l’esistenza da varie citazioni di Resta, ma se ne erano perse le tracce. Si tratta di uno dei più antichi volumi da lui assemblati, che inviò a Palermo in dono all’amico Giuseppe Del Voglia nel 1689. Il Libro è il più significativo arricchimento recente alla storia del collezionismo di grafica del Seicento in Italia. Rilegato in marocchino rosso, il volume si compone di 242 pagine sulle quali sono applicati 292 disegni e 15 stampe. E’ stato identificato grazie alla presenza delle note vergate a penna sulle pagine o in margine ai fogli. Fa parte della raccolta di disegni, costituita da più di 30 volumi organizzati per argomenti o per scuole, tutti glossati da ampie scritte autografe del collezionista che fornivano importanti notizie sull’attribuzione, la provenienza e la storia dei disegni. Di questi volumi, oggi per la maggior parte smembrati ed i cui fogli sono confluiti nei fondi di grafica dei maggiori gabinetti di disegni di tutto il mondo, ne restano solo cinque ancora integri: la celebre Galleria Portatile e il Piccolo Codice Resta con copie di Rubens da sculture antiche, entrambi conservati nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, un volumetto intitolato Correggio a Roma al British Museum di Londra, un piccolo taccuino del Figino oggi al Metropolitan Museum di New York, un volume di studi di un artista cortonesco alla Biblioteca Nazionale di Roma. Ad essi si aggiunge adesso il Codice ritrovato a Palermo. Nel volume palermitano Resta propone una storia illustrata dell’ornato e della decorazione in Italia dalla fine del Quattrocento fino al Seicento, con particolare attenzione a Roma e all’Italia centrale, ripercorrendo l’evoluzione di un genere trascurato dalla critica e dai collezionisti del suo tempo. In questo ambizioso progetto Resta evidenzia le molteplici applicazioni di tale tipologia disegnativa, dallo studio di monumenti e statue antiche all’ornato architettonico, dai progetti per oreficerie alle vedute e ai paesaggi, fino ai disegni per fregi e volte decorate a grottesche, che costituiscono il nucleo più ricco del volume. L’attribuzione di questi progetti è problematica, ma in molti casi è stato possibile ricostruire la finalità e delineare in tal modo l’evoluzione del gusto della “grottesca” a Roma dal 1540 al 1600 circa, attraverso le più importanti imprese papali e dei due maggiori committenti artistici del secondo Cinquecento, il cardinal Ippolito d’Este a Villa d’Este a Tivoli ed il cardinal Alessandro Farnese a Caprarola. Le varie sezioni in cui è articolato il percorso espositivo della mostra seguono le suddivisioni impostate nel volume da Resta. L’esposizione è inoltre accresciuta da alcuni volumi provenienti da prestigiose biblioteche, quali il Piccolo Preliminare all’Anfiteatro pittorico, della Biblioteca Nazionale di Roma, il Piccolo Codice Resta della Biblioteca Ambrosiana di Milano e due scritti conservati presso la Biblioteca dei Lincei e Corsiniana di Roma, L’Arte in Tre Stati e le Lettere di Resta a Giuseppe Ghezzi. Il restauro Il complesso intervento conservativo del Codice Resta di Palermo è stato affidato, dalla Regione Sicilia, al Laboratorio di Restauro opere d’arte su carta dell’Istituto Nazionale per la Grafica. Sono state svolte su un nucleo prescelto di esemplari dettagliate analisi diagnostiche, avvalendosi della collaborazione del Laboratorio di diagnostica per le matrici dell’Istituto, del Laboratorio di chimica dell’Istituto Superiore per il Restauro e la Conservazione e del Laboratorio di chimica dell’ex Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato. Le indagini conoscitive sui materiali hanno permesso la scelta dei procedimenti di conservazione più idonei e l’approfondimento storico critico delle tecniche d’esecuzione delle opere. Sono stati quindi selezionati e predisposti per l’esposizione oltre 120 disegni. A restauro completato, tutti i fogli torneranno nel volume, ricostituito secondo l’intenzione critica e metodologica voluta in origine da padre Resta. Il catalogo edito a Milano nel 2007 dalla Silvana Editoriale SPA, dal titolo I disegni del Codice Resta di Palermo, riproduce tutti i disegni presenti nel volume e ha accompagnato la prima edizione della mostra che si è tenuta presso La Galleria Comunale d’Arte Moderna di Palermo, dal febbraio al maggio 2007. Contiene saggi di Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Vincenzo Abbate e Filippo Guttuso nonché contributi di Marzia Faietti, Fabio Fiorani, Arnold Nesselrath, Cristina Riebesell, Richard Tuttle. La mostra è a cura di Simonetta Prosperi Valenti Rodinò e Fabio Fiorani

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F.Zuccari - Veduta del palazzo del Podestà a Orvieto

F.Salviati - Studio di coppa con coperchio

E.Setti - Studio di cavallo

D. Cresti - Studio di decorazione di altare

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Studio di un portauovo

 

Sede della mostra

Palazzo Fontana di Trevi, Via Poli 54

Date 1 Aprile 2008 – 15 giugno 2008

Apertura al pubblico 10.00 – 19.00. chiuso: lunedi, 25 Aprile e 1 Maggio

Ingresso gratuito

Informazioni tel +39 06.69980238/248

Visite guidate martedi e giovedi h 11.00, sabato h. 16.00 a cura degli studenti del Corso di Laurea Specialistica di Storia dell’Arte della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Tor Vergata cattedra della prof. Simonetta Prosperi Valenti Rodinò contattare Maria Teresa Pizzone +39 3395802957

Ufficio Stampa

Marcella Ghio tel. 0669980238 – fax 0669921454 portatile +39 3356821996

Comunicazione e relazioni esterne

Rita Parma tel. +39 06 69980248 fax +39 06 69921454 portatile +39 334 6269159

Del Libro d’Arabeschi, ritrovato dieci anni orsono nei ricchissimi fondi della Biblioteca Comunale di Palermo, era nota l’esistenza da varie citazioni di padre Resta, ma se ne erano perse le tracce. Si tratta di uno dei più antichi volumi assemblati dal Resta, che lo inviò a Palermo in dono all’amico Giuseppe Del Voglia nel 1689. Rilegato in marocchino rosso, il volume si compone di 242 pagine, sulle quali sono applicati 292 disegni e 15 stampe. Il Libro d’Arabeschi è stato identificato grazie alla presenza delle note vergate a penna da Resta sulle pagine o in margine ai fogli – caratteristica costante dei suoi volumi – che forniscono informazioni preziose sugli artisti e sulla provenienza dei disegni. Nel volume palermitano Resta propone una storia illustrata dell’ornato e della decorazione in Italia dalla fine del Quattrocento fino al Seicento, con particolare attenzione a Roma e all’Italia centrale, ripercorrendo l’evoluzione di un genere trascurato dalla critica e dai collezionisti del suo tempo. In questo ambizioso progetto Resta evidenzia le molteplici applicazioni di tale tipologia disegnativa, dallo studio di monumenti e statue antiche all’ornato architettonico, dai progetti per oreficerie alle vedute e ai paesaggi, fino ai disegni per fregi e volte decorate a grottesche, che costituiscono il nucleo più ricco del volume. Le varie sezioni in cui è articolato il percorso espositivo della mostra seguono appunto le suddivisioni fatte da Resta. SEBASTIANO RESTA E GIUSEPPE DEL VOGLIA Padre Sebastiano Resta (1635-1714) fu il più noto collezionista di disegni in Italia nel Seicento. Milanese d’origine, visse soprattutto a Roma, dove si trasferì nel 1661, entrando a far parte della congregazione filippina degli Oratoriani, all’interno della quale fu molto attivo. A Roma egli riunì una celebre raccolta di più di trenta volumi di disegni, grazie ai rapporti intessuti con i più accreditati artisti, mercanti e collezionisti del tempo. L’intento di Resta era di tracciare una storia dell’arte attraverso il disegno: ogni volume della sua raccolta, contrassegnato da un titolo, affronta un aspetto della storia dell’arte analizzato con grande libertà critica, come nel caso della Felsina vindicata – in cui difende gli artisti bolognesi contro i fiorentini – o del celebre Correggio a Roma – in cui anticipa, con felice intuizione, l’ipotesi del viaggio romano del pittore, confermato poi dagli studi. La maggior parte dei suoi volumi, venduti nel 1711 in Inghilterra, sono stati smembrati e dispersi nelle collezioni di tutto il mondo; oggi ne rimangono solo quattro ancora integri, il più celebre dei quali – la Galleria portatile – è conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano. Il Libro d’Arabeschi, rintracciato nella Biblioteca Comunale di Palermo, è una preziosa aggiunta al nucleo di volumi rimasti intatti. Fu inviato da padre Resta al suo corrispondente palermitano Giuseppe Del Voglia, anch’egli oratoriano, dilettante e collezionista particolarmente interessato alle arti decorative. I rapporti intercorsi tra Resta, il cardinal Crescenzio – protettore degli oratoriani a Palermo – e la congregazione filippina dell’Olivella contribuirono ad accelerare il rinnovamento classicista della cultura artistica locale, favorendo l’arrivo da Roma di opere di pittori quali Carlo Maratti e Giuseppe Passeri.

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La presenza nel volume di vari studi dall’antico evidenzia la piena adesione di padre Resta alle teorie accademico-classiciste del suo tempo, che consideravano l’antico fonte primaria d’ispirazione per gli artisti di qualsiasi indirizzo, posizione ribadita dal collezionista anche nel suo volume Piccolo Preliminare al Grande Anfiteatro pittorico riguardo all’apprendistato di artisti barocchi della scuola di Pietro da Cortona; tuttavia la sua mancanza di rigore scientifico appare evidente dalla disposizione piuttosto confusa di questi disegni, in cui si alternano senza logica sculture, fregi e pitture. Sul fronte delle attribuzioni, spesso Resta non si pronuncia, quasi a sottintendere un interesse maggiore per il prototipo che per l’autore del disegno. Il nome che ricorre più volte, impropriamente, è quello del Mantegna, forse per evidenziare il ruolo decisivo svolto dall’artista padano nel recupero dell’antico, già nel Quattrocento. L’alta qualità di alcuni fogli consente tuttavia di attribuirli a grandi nomi quali Perin del Vaga e il suo allievo Luzio Luzzi, Giulio Romano e Pietro da Cortona. Molti di questi disegni ripropongono alcune delle opere romane più studiate dal Quattrocento in poi – il Colosseo, i trofei di Mario, l’arco di Tito –, confermandone il successo; altri ci erudiscono sulla collocazione delle opere nelle collezioni romane cinque-seicentesche. In alcuni casi si tratta di pagine di taccuini di studio smembrati, ma è spesso arduo determinare se si tratti di originali o di copie da prototipi perduti.

Luzio Luzzi (Todi 1510? – Roma, post novembre 1575) Studio dalla decorazione a stucco del Colosseo Traccia di matita, penna, inchiostro bruno acquerellato, traccia di cromia rossa su carta bianca, mm. 398×260
Luzio Luzzi (Todi 1510? – Roma, post novembre 1575) Studio dalla decorazione a stucco del Colosseo Traccia di matita, penna, inchiostro bruno acquerellato, traccia di cromia rossa su carta bianca, mm. 398×260
Pietro da Cortona (Cortona 1597 – Roma 1669), attr Studio di mensola dall’antico Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bianca, mm. 270×302
Pietro da Cortona (Cortona 1597 – Roma 1669), attr Studio di mensola dall’antico Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bianca, mm. 270×302
Giovanni Bonati (Ferrara 1635 – Roma 1681) Lesena antica Matita nera, gessetto bianco, acquerello grigio su carta azzurra, mm. 125×346
Giovanni Bonati (Ferrara 1635 – Roma 1681) Lesena antica Matita nera, gessetto bianco, acquerello grigio su carta azzurra, mm. 125×346
Roma, ante 1566 I due torsi loricati Farnese Penna, inchiostro bruno su carta bianca ingiallita, mm. 215×317
Roma, ante 1566 I due torsi loricati Farnese Penna, inchiostro bruno su carta bianca ingiallita, mm. 215×317

Questo gruppo, raccolto al centro del volume in un insieme omogeneo, documenta il ruolo svolto nel Cinquecento dal disegno nella progettazione di oggetti d’arte applicata, mettendo in evidenza le tre botteghe più attive a Roma in tale settore, e cioè quelle di Giulio Romano, Perin del Vaga e Francesco Salviati. Le tipologie rappresentate vanno dallo studio originale dei maestri, cui era affidata l’invenzione, ai disegni esecutivi realizzati dagli orafi, relativi a manufatti per lo più scomparsi; assai più numerose sono tuttavia le copie di bottega da disegni dei capiscuola – primo fra tutti il Salviati – che favorirono, anche attraverso le incisioni, un’ampia circolazione dei modelli del Rinascimento e del Manierismo italiani in tutta Europa. Centro vitale di tale circolazione di forme decorative fu, nel pieno Cinquecento, la corte dei Farnese a Roma: in questa ‘officina farnesiana’, patrocinata prima da papa Paolo III e poi da suo nipote, il ‘gran cardinale’ Alessandro, nacque e si sviluppò quel linguaggio eclettico – erede del gusto all’antica di Perin del Vaga, rielaborato dall’instancabile inventiva del Salviati e proseguito nella vigorosa capacità plastica di Guglielmo della Porta – che dominò il campo delle arti applicate e dell’oreficeria fino alla fine del secolo. Padre Resta riconduceva indistintamente tutti i progetti d’invenzione – cioè i fogli più notevoli – a Perin del Vaga, riferendo le copie a Piloto, orefice amico di Perino, citato dal Vasari; nonostante la schematicità di tale suddivisione, il collezionista dimostra di aver ben netta la distinzione tra disegni originali e copie, discernimento critico fondamentale per una piena comprensione del complesso problema degli studi per oreficerie.

Francesco Salviati (Firenze 1513 – 1563) Studio di calice Traccia di matita nera, penna, acquerello bruno su carta bruno-chiara, riquadrato a penna sulla sinistra, mm. 327×182
Francesco Salviati (Firenze 1513 – 1563) Studio di calice Traccia di matita nera, penna, acquerello bruno su carta bruno-chiara, riquadrato a penna sulla sinistra, mm. 327×182
Copia da Francesco Salviati Studio per un pendente (?) Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bruno-chiara,  mm. 274×172
Copia da Francesco Salviati Studio per un pendente (?) Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bruno-chiara, mm. 274×172
Bottega di Perin del Vaga Studio di staffa  Penna, inchiostro bruno acquerellato, mm. 277×183
Bottega di Perin del Vaga Studio di staffa Penna, inchiostro bruno acquerellato, mm. 277×183
Luzio Luzzi (Todi 1510? – Roma, post novembre 1575) Studio di due specchi Penna, inchiostro bruno e grigio acquerellato su carta bruna,  mm. 272×212
Luzio Luzzi (Todi 1510? – Roma, post novembre 1575) Studio di due specchi Penna, inchiostro bruno e grigio acquerellato su carta bruna, mm. 272×212
Copia da Francesco Salviati Studio di coppa o di montatura di una noce Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bruno chiara,  mm. 322×213
Copia da Francesco Salviati Studio di coppa o di montatura di una noce Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bruno chiara, mm. 322×213

I disegni di questa sezione, che costituiscono il nucleo più numeroso e significativo di tutto il volume, consentono di ricostruire lo sviluppo della decorazione a Roma dalla metà del Cinquecento fino alla fine del secolo. Questa tipologia, caratterizzata dai motivi della ‘grottesca’ ed ispirata alle pitture antiche della Domus Aurea, la dimora di Nerone riscoperta alla fine del XV secolo, fu rielaborata nella bottega di Raffaello – in particolare dai suoi allievi Giovanni da Udine e Perin del Vaga – e riproposta a Roma nelle decorazioni delle Logge Vaticane, di villa Madama e dei più tardi cantieri di Castel Sant’Angelo e della villa Farnese a Caprarola. L’autore più rappresentato nel volume è Luzio Luzzi da Todi (1510?-post novembre 1575), allievo di Perin del Vaga e abilissimo stuccatore, che per tutta la sua lunga vita rimase fedele al gusto della decorazione a grottesche ‘all’antica’ di matrice raffaellesca. I disegni più rilevanti di questa sezione sono gli studi legati alle due celebri residenze della campagna romana realizzate su commissione dei cardinali Ippolito d’Este e Alessandro Farnese, grandi protagonisti del gusto decorativo a Roma: la villa di Tivoli, celebrata in tutti i tempi, e quella di Caprarola, interamente decorata dai fratelli Taddeo e Federico Zuccari, coadiuvati da numerose maestranze. Ma l’interesse di questa sezione non si esaurisce qui, perché i fogli presentati documentano varie campagne decorative promosse dai pontefici nei palazzi vaticani nella seconda metà del secolo – da Pio IV Medici a Gregorio XIII Boncompagni, a Sisto V Peretti Montalto, fino a Clemente VIII Aldobrandini – ed eseguite da artisti quali Marco Marchetti, Pietro Venale, Giovanni Guerra, Ottavio Mascherino e i fratelli Alberti.

Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado 1540/1541 – Ancona 1609) Studi di facciata interna di cappella Traccia di matita, penna, inchiostro bruno su carta bianca,  mm. 374×350
Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado 1540/1541 – Ancona 1609) Studi di facciata interna di cappella Traccia di matita, penna, inchiostro bruno su carta bianca, mm. 374×350
Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado 1540/1541 – Ancona 1609) Studi di facciata interna di cappella Traccia di matita, penna, inchiostro bruno su carta bianca,  mm. 374×350
Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado 1540/1541 – Ancona 1609) Studi di facciata interna di cappella Traccia di matita, penna, inchiostro bruno su carta bianca, mm. 374×350
Marco Marchetti? (Faenza 1526 ca. – 1588) Grottesche Acquerelli policromi su carta bianca, controfondati, mm. 228×82 ca. ciascuno
Marco Marchetti? (Faenza 1526 ca. – 1588) Grottesche Acquerelli policromi su carta bianca, controfondati, mm. 228×82 ca. ciascuno Traccia di matita, penna, inchiostro bruno su carta bianca, mm. 374×350
Marco Marchetti? (Faenza 1526 ca. – 1588) Grottesche Acquerelli policromi su carta bianca, controfondati,  mm. 228×82 ca. ciascuno
Marco Marchetti? (Faenza 1526 ca. – 1588) Grottesche Acquerelli policromi su carta bianca, controfondati, mm. 228×82 ca. ciascuno Traccia di matita, penna, inchiostro bruno su carta bianca, mm. 374×350
Marco Marchetti? (Faenza 1526 ca. – 1588) Grottesche Acquerelli policromi su carta bianca, controfondati,  mm. 228×82 ca. ciascuno
Marco Marchetti? (Faenza 1526 ca. – 1588) Grottesche Acquerelli policromi su carta bianca, controfondati, mm. 228×82 ca. ciascuno
Marco Marchetti? (Faenza 1526 ca. – 1588) Grottesche Acquerelli policromi su carta bianca, controfondati, mm. 228×82 ca. ciascuno
Marco Marchetti? (Faenza 1526 ca. – 1588) Grottesche Acquerelli policromi su carta bianca, controfondati, mm. 228×82 ca. ciascuno
Livio Agresti (Forlì 1510 ca. – Roma 1579), attr. Progetto decorativo di soffitto con le armi del cardinal d’Este Penna, inchiostro bruno, acquerello azzurro su carta bianca, sanguigna (verso), mm. 344×236
Livio Agresti (Forlì 1510 ca. – Roma 1579), attr. Progetto decorativo di soffitto con le armi del cardinal d’Este Penna, inchiostro bruno, acquerello azzurro su carta bianca, sanguigna (verso), mm. 344×236
Luzio Luzzi (Todi 1510? – Roma, post novembre 1575) Studio per la decorazione di una loggia Traccia di matita e acquerello azzurro su carta bianca,  mm. 180×330
Luzio Luzzi (Todi 1510? – Roma, post novembre 1575) Studio per la decorazione di una loggia Traccia di matita e acquerello azzurro su carta bianca, mm. 180×330

Nel volume si trovano anche studi d’architettura, soprattutto di ornato architettonico; benché disposti in modo casuale e senza distinzione tra copie ed originali, essi dimostrano come padre Resta avesse ben chiaro il ruolo fondamentale occupato dall’ornato nella progettazione architettonica ed il costante riferimento all’ornato presente nei più celebri trattati cinquecenteschi di architettura, dal Vignola al Serlio. Il collezionista si inserisce così nel dibattito culturale avviato in Italia nel Cinquecento – e ancor oggi attuale – che, sottolineando la componente plastico-spaziale dell’architettura, considera l’architetto responsabile anche della decorazione pittorica e scultorea degli edifici. All’interno di questo gruppo spicca il modello originale del Vignola per la tavola dell’ordine corinzio nel suo trattato sulla Regola delli cinque ordini d’architettura (1562), vero unicum nella sua produzione grafica. Rientrano di diritto nella tipologia architettonica anche gli studi relativi a scenografie teatrali, tanto più importanti in quanto unica testimonianza a noi rimasta di simili realizzazioni effimere. Tra questi, padre Resta riunì nel codice palermitano una copia fedele di una scena teatrale disegnata da Aristotele da Sangallo (1481-1551) e un progetto per la scenografia della Baldassarra di Giulio Rospigliosi, ideata dal Bernini nel 1669, attribuibile al suo collaboratore Ludovico Gimignani.

Roma, prima metà del XVII secolo Scenografia con girandola su un castello e naumachia Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bianca, mm. 392×495
Roma, prima metà del XVII secolo Scenografia con girandola su un castello e naumachia Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bianca, mm. 392×495
Venezia, fine del XVI secolo Camino Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bruna,  mm. 586×425
Venezia, fine del XVI secolo Camino Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bruna, mm. 586×425
da Jacopo Barozzi da Vignola Base di colonna dal teatro di Marcello Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bianca fortemente ingiallita, mm. 390×282
da Jacopo Barozzi da Vignola Base di colonna dal teatro di Marcello Penna, inchiostro bruno acquerellato su carta bianca fortemente ingiallita, mm. 390×282

Verso la fine del volume padre Resta inserisce un ampio nucleo di disegni raffiguranti trofei militari e panoplie, per lo più copie dalla nota serie di incisioni di Enea Vico (1523-1567); pur non riconoscendone l’inventore, da lui identificato con Polidoro da Caravaggio, Resta ci sorprende per l’acume con cui mette in evidenza la grande fortuna del motivo affidato a queste stampe, da cui trassero ispirazione, copiandole, artisti di vario orientamento per oltre due secoli. A questo nucleo si affiancano nove disegni attribuibili al pittore fiammingo Theodor van Tulden (1606-1669), preparatori per le riproduzioni incise degli affreschi di Niccolò dell’Abate nel castello di Fontainebleau, preziosa testimonianza di un ciclo in gran parte distrutto nel Settecento. I diciassette lucidi per la celebre serie dei Vestigi delle Antichità di Roma di Stefano Du Pérac (1520 ca.-1604?), usati per il trasporto del disegno sulla lastra di rame, dimostrano l’apertura di padre Resta nei confronti degli aspetti più tecnici del mezzo grafico. Resta li ottenne probabilmente dalla bottega di uno di quegli editori-stampatori noti già dal Cinquecento come mercanti di disegni e stampe: in questo caso potrebbe trattarsi di Matteo Gregorio De Rossi, erede della più celebre stamperia romana, identificabile con l’anonimo “cartaro in piazza Navona” da cui il collezionista acquistò anche i dieci fregi barocchi incisi su disegno di Pietro Cerini.

Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Tempio di Giano e San Giorgio al Velabro Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata,  mm. 200×392
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Tempio di Giano e San Giorgio al Velabro Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata, mm. 200×392
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Tempio di Giano e San Giorgio al Velabro Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica,  Gabinetto delle Stampe, FN 39821 (2194)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Tempio di Giano e San Giorgio al Velabro Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, Gabinetto delle Stampe, FN 39821 (2194)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Foro Romano tra il tempio di Antonino e il tempio di Romolo Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata,  mm. 222×363
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Foro Romano tra il tempio di Antonino e il tempio di Romolo Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata, mm. 222×363
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Foro Romano tra il tempio di Antonino e il tempio di Romolo Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica,  Gabinetto delle Stampe, FN 39813 (2186)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Foro Romano tra il tempio di Antonino e il tempio di Romolo Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, Gabinetto delle Stampe, FN 39813 (2186)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Anfiteatro Castrense Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata,  mm. 250×412
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Anfiteatro Castrense Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata, mm. 250×412
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Anfiteatro Castrense Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica,  Gabinetto delle Stampe, FN 39813 (2186)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Anfiteatro Castrense Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, Gabinetto delle Stampe, FN 39813 (2186)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Foro Romano con il Campidoglio Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata,  mm. 242×392
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Foro Romano con il Campidoglio Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata, mm. 242×392
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Foro Romano con il Campidoglio Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica,  Gabinetto delle Stampe, FN 39811 (2184)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Foro Romano con il Campidoglio Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, Gabinetto delle Stampe, FN 39811 (2184)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Piramide Cestia Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata,  mm. 246×406
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Piramide Cestia Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata, mm. 246×406
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Piramide Cestia Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica,  Gabinetto delle Stampe, FN 39798 (2206)
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Piramide Cestia Acquaforte Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, Gabinetto delle Stampe, FN 39798 (2206)

 

Da un punto di vista teorico non è chiara la ragione per cui padre Resta abbia scelto di inserire nel Libro d’Arabeschi anche alcuni disegni di paesaggio, per lo più raggruppati verso la fine del volume. Forse, nel suo modo un po’ dilettantesco di adeguarsi alla teoria classicista, Resta considerava il paesaggio un genere minore rispetto alla più colta ‘pittura di storia’, destinato perciò ad ornare per diletto gallerie di palazzi gentilizi senza alcuna finalità etica o didascalica: con questa funzione ornamentale, il disegno di paesaggio poteva figurare nel contesto di un volume interamente dedicato all’arte decorativa. Fanno parte di questo gruppo paesaggi ideali à la manière de Giovan Francesco Grimaldi (1606-1680) e alcuni interessanti scorci di Roma – tra cui una pittorica veduta dell’arco di Costantino attribuibile a Pierre Lemaire – insieme ad una veduta del palazzo del Podestà di Orvieto di Federico Zuccari, documento dell’interesse dell’artista per il paesaggio urbano e del suo passaggio per la città umbra nel 1574.

Scuola francese, metà del XVII secolo Veduta laterale dell’arco di Costantino Pennello, acquerello grigio su carta bruno chiara, mm. 340×235
Scuola francese, metà del XVII secolo Veduta laterale dell’arco di Costantino Pennello, acquerello grigio su carta bruno chiara, mm. 340×235
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Tempio di Giano e San Giorgio al Velabro Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata, mm. 200×392
Etienne Du Pérac (Parigi? 1520 ca. – 1604?) Tempio di Giano e San Giorgio al Velabro Penna, inchiostro metallo-gallico su carta vergata, mm. 200×392
Federico Zuccari  (Sant’Angelo in Vado 1540/1541 – Ancona 1609) Veduta del palazzo del Podestà ad Orvieto Matita nera e matita rossa su carta bianca, mm. 247×355
Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado 1540/1541 – Ancona 1609) Veduta del palazzo del Podestà ad Orvieto Matita nera e matita rossa su carta bianca, mm. 247×355

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